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Pecore e pastore

Io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me. È questa una consolante affermazione del nostro Gesù.

Di quale reciproca “conoscenza” si tratta?

Forse se ci accorgiamo che è una reciproca conoscenza tra pecore e pastore, allora ci sorge il sospetto che non si tratta di una conoscenza intellettiva. Gesù, quando parlava con i suoi, spesso usa la trasmissione di un “reciproco” pensiero. Qui invece si tratta di una conoscenza diversa, fatta di suono, di voce, di intuizione, di sensazioni nascoste e profonde eppure reali, ossia che producono influssi vitali e operativi, di sostanza immediata.

Per accorgerci se in noi vibra questa quasi subliminale reciproca percezione, è opportuno scrutare il nostro cuore. Quando Gesù ci fa udire la sua voce attraverso il Vangelo, sentiamo che qualche cosa vibra dentro di noi? Sentiamo la bellezza e la consolazione della sua verità che salva? Abbiamo una vita di fede e di abbandono in Gesù tale che ogni sua parola per noi è un canto di gioia?

Vibrare per Gesù, può consistere semplicemente anche  in una semplice esclamazione, quando proclamiamo o ascoltiamo la sua parola: “Che bello!”.

Il Padre ti ama. Che bello!

Io e il Padre siamo una unica realtà. Che bello!

Non vi lascio soli. Che bello!

Insomma all'udire la sua voce, al ripeterla, al leggerla, per noi che siamo felicemente sue pecore, è sempre un immergerci nella consolazione e nella gioia.

Gesù per noi è importante, perché lui ci conosce sì, e non quelli che ci criticano o pretendono di conoscerci.

28.04.15