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Incontri 

Negli incontri umani, ciò che maggiormente si usa è il dialogo. La postura, gli occhi, l’accostarsi o l’allontanarsi, il dire, con sincerità o con finzione, il ridere o il piangere, e molto altro costituiscono il dialogo.

Nel lavoro degli psicologi ciò che veramente s’avvera tra due persone è il dialogo. Quando mi sento chiedere: “Lei a quale scuola appartiene, quale indirizzo segue?”, resto fermo e sorridente. La vera domanda sarebbe: “Come Lei dialoga con me, proprio con me!”. A chi mi sta davanti ed è interessato a rendersi felice, in realtà lui non vuole conoscere la tecnica, ma la persona che possa mettersi in contatto positivo, tanto da poter “fidarsi”. Perché ogni contatto è ricerca di sicurezza, di rispetto, di vero amore (non sentimento o connivenza).

Le etichette sul metodo seguito investono scarso senso. Lì si avvera un incontro tra due persone. Che una di esse si presenti bisognosa, è un dato, spesso celato sotto la curiosità, e la curiosità nasconde un bisogno di sicurezza.

Allora l’esser psicanalista, cognitivo comportamentale, umanistico, ecc. non sostituisce la necessità di un incontro tra due persone, sebbene una di essa conosce tecniche psicologiche. Alla fine ogni sincero psicologo usa quelle tecniche, se tecniche sono, che più si addicono alla propria persona e al “qui e ora” di un incontro.

Le scuole psicologiche sono semplicemente scuole. Nell’esperienza di tutti dalla scuola, dai corsi anche i più sofisticati e i più elementari, resta nello “studente” (di cinque o di ottanta anni) ciò che si attaglia alla sua personalità, il resto è più o meno esercizio di memoria.

01.05.17