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Dolore che commuove

21.04.12

C’è un episodio da Dio eccitato nella memoria di Luca evangelista, che se penetra in noi, suscita commozione e, se Dio concede, pianto: lacrime autentiche.

Gesù, inchiodato in croce, è affiancato da altri due condannati. Uno dei due, irritato per la condanna ricevuta e per la morte ormai prossima, si sfoga dileggiando Gesù, debole come lui, e pretende una liberazione immediata dal patibolo. Egli si unisce al dileggio dei sacerdoti, che ironicamente indicano a Gesù di scendere dalla croce. Questo condannato esprime disperazione profonda, tant’è vero che offende.

La commozione nasce dal sentire in noi l’atteggiamento dell'altro condannato. Un atteggiamento che sorge dalla sensibilità e dalla verità. Lui, condannato, sente di avere accanto a sé uno pari ella condanna, e diverso nell’innocenza. Sente l’innocenza attraverso quel resto di innocenza, che ancora nutre in sé. Quel richiamo di innocenza, che giace sempre nel profondo del nostro cuore, anche se siamo diventati perversi. Quell’innocenza seminata nel bambino, e pronta a riemergere vicino alla morte, quando non possiamo più salvarci da soli. Quando anche gli anziani moribondi invocano la madre.

La sua sensibilità diventa preghiera, preghiera rivolta a un moribondo, a quel moribondo. Due vite straziate, che si incontrano attraverso la reciproca dolcezza: “Ricordati di me!”. “Oggi sarai con me!”.

La Croce li unisce, li avvicina. La due sofferenze estreme, nel dolore, si fanno dialogo. La sofferenza unisce due cuori, che riscoprono la propria innocenza. Innocenza piena in Gesù, innocenza ritrovata nell’altra persona.

E la risposta, che ci commuove, di Gesù: “Oggi sarai con me nel Paradiso!”. Morte e risurrezione per ambedue. Il cuore del condannato, che difende e prega, vale un “milione” di anni di “Purgatorio”.

10.04.12