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Limitatissima teologia

15.03.12

La teologia ci svela e ci descrive Dio? È semplicemente una pretesa di inventare Dio, come molti che affermano: “Per me Dio è questo!”? È uno sforzo di balbettamento su Dio? È un risultato delle ricerche sul mondo e le sue qualità, per vedere in esse un’orma di Dio? È un’esigenza di un sistema filosofico di tipo metafisico?

La grande ricerca filosofica e teologica del nostro tempo, pone la teologia alle dipendenze della rivelazione. Se Dio ha detto qualche cosa di sé, del suo progetto, della sua opera, allora si cerca di capire e di far capire il senso di ciò che Dio ha detto e di svilupparne le eventuali conseguenze.

Fiumi di riflessione teologica scorrono nei libri, nelle facoltà teologiche, nella predicazione, nella vita di pietà di ogni giorno. I teologi, e chi si serve della loro ricerca teologica, sono i “profeti” del nostro tempo: essi ricevono la parola di Dio e la trasmettono agli altri, che sono disposti ad arricchire il loro bagaglio di fede.

Eppure tutte queste montagne di scoperte di Dio, ci ammanniscono solamente una infinitesima parte di ciò che Dio, l’Infinito, è.

Trovarci davanti all’Infinito, è perdersi, come anche – per usare una frase cara a Teresa d’Avila – perdersi in Lui è ritrovarsi: para ganarse perderse.

Dio non può essere esaurito (= definito!) dalle capacità umane. Neppure da quelle dell’uomo più grande e più vicino e capace di ricevere Dio (capax Dei), che è Gesù.

Solo Dio è capace di Dio, per la capacità di ricevere un infinito è solo l’amore infinito che accoglie e che si dona: soltanto nella Trinità si esaurisce l’inesauribile infinita capacità di “contenere” Dio.

Per noi il massimo di capacità, ci viene da come accogliamo le parole dei profeti e la realtà di Gesù.

GCM 19.12.11