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Vedere la morte, da risorti

29.04.12

La tomba di Gesù resta sempre vuota: è inutile andare a visitarla. Quante guerre e quanto sangue per il ricupero del “Santo Sepolcro”!

Le donne, il giorno di Pasqua di recano al sepolcro – così ci riferisce Luca l’evangelista – e portano con sé gli aromi preparati. L’intenzione: onorare un cadavere, anzi quel cadavere. Rimangono costernate, perché il cadavere è scomparso. Da quel momento non avranno più nulla a che fare con il Cristo morto. La nuova posizione dell’esistenza nei riguardi di Gesù, si organizzerà attorno a Gesù risorto.

È la posizione dell’esistenza di noi cristiani. Gesù è con noi, poiché è risorto.

Solo così possiamo vivere e assaporare la cosiddetta “Settimana Santa”. Il ricordare - talvolta con toni pesanti – la passione dolorosa e la morte di Gesù non serve a precipitare i cristiani in un lutto falso. Il lutto sarebbe falso, sarebbe recita, perché non esiste il morto. Gesù  è vivo, e il nostro ricordo della sua morte, non lo fa morire, come il ricordo della sua Risurrezione non lo fa risorgere. Invece il ricordo, talvolta drammatico e ben recitato, della Passione e della morte di Gesù serve a far risaltare meglio la sua Risurrezione. Qui si ritrova la dinamica di ciò che si afferma con l’endiadi figura-sfondo. Quanto più sono in contrasto figura e sfondo, tanto più la figura emerge stagliata e luminosa.

Or bene sullo sfondo oscuro della morte la figura  luminosa della Risurrezione si colora intensamente.

Noi, da risorti con il Risorto, riandiamo alla sua morte. Ogni persona guarita, parla con sollievo della passata malattia, soprattutto se molto grave. Noi da risorti in Gesù, ricordiamo con esultanza la sua morte. Se moriamo con Gesù, partecipiamo, con lui Risorto, alla sua morte per sempre superata.

 GCM 02.04.12