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Umiltà

Qualche volta, per caso, scopriamo di possedere belle qualità, o di aver compiuto una azione chiaramente positiva, anche perché non siamo tutti e sempre cattivi e brutti.

Dopo questa azione, nel constatare il bene da noi prodotto, dentro di noi possiamo avere una reazione, che si può caratterizzare in svariati modi.

Con una umiltà vecchio stampo, che si strugge nel dichiarare di non valere nulla, di essere fango e cenere.

Con un orgoglio, pure vecchio stampo, che fa inorgoglire e dichiarare il proprio valore e la propria dotazione superiore.

Con un’umiltà di nuovo tipo, che fa riconoscere il valore e il successo ottenuto, e subito si illumina nel ringraziare Dio, che è stato così buono da manifestare la sua gloria attraverso di noi. E’ l’umiltà del ringraziamento sorridente, l’umiltà dell’inno e del Magnificat

E’ quindi un’umiltà serena, che non ha bisogno di macerarsi per sentirsi umile. Che poi l’umiltà per sentirsi umili sia indovinata, è tutto da dimostrare.
Forse, anzi, il sentirsi umili si risolve spesso nell’orgoglio di possedere una gran virtù.

Gesù ci vuole sereni, di quella serenità lodante che gli faceva esclamare:”Ti ringrazio, Padre, perché queste cose le hai rivelate ai piccoli!”. Evidentemente il rivelatore sublime era proprio lui.

L’umiltà cristiana non si realizza nell’abbassare l’uomo, ma nell’elevarlo, perché essa spinge a lodare Dio con contentezza.

Può una persona, forse anche un direttore spirituale, tacciare qualcuno di superbia, senza peccare di orgoglio, per aver lui giudicato una persona?
Possiamo riconoscere l’umiltà, non la superbia, degli altri.

GCM 27.09.13