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Antipatia scacciata

Noi avviciniamo persone che ci sono simpatiche, e sfuggiamo le persone che ci sono indigeste.

Spesso però le persone che ci sono indigeste sono quelle, verso le quali noi per primi abbiamo commesso degli sgarbi. Ossia diventiamo antipatici a chi ci ha offeso e a chi offendiamo.

Poi si stabilisce una catena. Siccome immaginiamo che la persona antipatica ci stia offendendo, allora stabiliamo un continuum di nuova offesa e di nuova antipatia. Si perde così la possibilità di un ricupero di serenità, e nasce quella frase: “È una persona che non posso vedere”, accusando implicitamente noi stessi come incapaci di creare un rapporto positivo.

Si può rompere la catena? Nulla è assoluto e irrimediabile. Per il cristiano, neppure la morte.

La prima cesura viene da chi è ritenuto antipatico. Da lui può uscire il perdono, quando s’avvede che è diventato antipatico o sfuggito da qualcuno, soprattutto se è sicuro di non averci messo lui nulla per diventare antipatico. Se poi lui si sente responsabile nell’aver suscitato antipatia, cominci con il perdonare se stesso.

Forse alla base di un’armonia tra le persone, c’è quel perdonarci a vicenda, dopo aver chiesto a nostro Padre: “Rimetti a noi i nostri debiti”. La tecnica del perdono serve sempre a pulire i cuori, a raschiare antipatie e ostilità. La tecnica del perdono è utile anche per la salute, perché libera il sistema immunitario da infiltrazioni malefiche.

Con il cuore leggero, sta meglio tutto l’organismo, perché la persona è unitaria, e, come dice Francesco, il bene riempie di dolcezza “lo spirito e il corpo”.

08.04.14