HOME

Home > ITINERARIO e PSICOLOGIA > Articoli 2014-02 > Sii ciò che sei

Sii ciò che sei

Non è raro incontrare persone alienate, ossia che stanno lontane da se stesse, che non riescono a scoprire chi esse veramente sono. In altre parole, non stanno in se stesse, nella propria realtà e nella propria persona, ma sono fuori di sé, da un’altra parte. Uno dei modi più ricorrenti di tale alienazione, è quella di collocarsi nella propria professione, oppure nel proprio ruolo. Una interminabile consuetudine sociale ci educa all’alienazione. Io non sono me stesso, ma sono il professore, l’avvocato, il calzolaio, la mamma, la suocera, il prete, lo psicologo.

La professione prevale sulla persona e la nasconde. Valgo non perché sono io, ma perché sono il fruttivendolo o il politico. Non sono più io che sono me, ma io che sono l’onorevole. Sono uscito da me, mi sono abbandonato, per diventare esclusivamente il capitano d’azienda.

Le conseguenze di questa alienazione sono molte e tutte disastrose. La più evidente di tali conseguenze è il suicidio. Io non sono io, ma il padrone dell’azienda; l’azienda fallisce, io mi sento annullato e mi completo nell’annullamento uccidendomi.

Anche la formazione “spirituale” mi consegna all’alienazione. Spesso ho udito dire: “Tu sei soprattutto prete, madre, persona che devi tendere alla perfezione”. Finalmente, tempo addietro lessi un libro terapeutico: “E il prete si fece uomo”.

Anche oggi vale, per tutti, quell’antico “Redde in semetipsum”. Ritorna a te stesso. Ritorno non con speculazioni mentali su di me, ma con l’immediata accettazione di ciò che mi trovo essere. Da questa base poi  partirà la mia fede, la mia ascesi, il mio assumere una professione e un ruolo.

17.02.14