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Pellegrinaggi e preghiera

Non ho mai negato il valore dei pellegrinaggi, che aiutano perfino i cristiani a ridestare la loro religiosità.

Però...

Se quelle ore, quelle giornate, quelle settimane trascorse per realizzare un pellegrinaggio, fossero dedicate a recarsi in chiesa, porsi davanti a Gesù, e lì incontrarlo anche con la lettura del Vangelo, quanto approfondimento della fede si attuerebbe!

E se, anche senza recarsi in chiesa, quel tempo fosse dedicato, nel chiuso della nostra camera o della nostra cella, alla contemplazione e alla lettura della Parola di Dio, ne usciremmo trasformati, deificati: è il grande insegnamento degli eremiti.

Quanto tempo perso a cercare Gesù chissà dove, mentre egli è nel nostro cuore!

Francesco d’Assisi era uomo fatto preghiera, come attestano i suoi biografi. E quando si recava in Oriente, non andava in pellegrinaggio, ma per annunciare Gesù, anche con il rischio del martirio, e per fermare le armi dei crociati.

Andava in Oriente per sviluppare il frutto della sua preghiera. Infatti uno dei frutti fu il colloquio con il Sultano.

Se poi si riflette che per alcune persone il pellegrinaggio è più frutto di emozioni e addirittura di curiosità, allora ci si accorga della penuria di fede, che queste persone hanno.

Eppure il pellegrinaggio è antico costume nella Chiesa (ed è un precetto severo presso i musulmani); è necessario ricordare che spesso il pellegrinaggio (quello a piedi, si intende) era la penitenza inflitta per i peccati. E allora si capisce.

GCM 30.12.08