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Il perdono efficace

Bisogna sempre perdonare. E’ una frase entrata in noi come una scheda RAM, inculcata dall’educazione, cosiddetta cristiana.

Il Vangelo probabilmente non è dello stesso avviso, quando ci indica di perdonare. Distinguiamo la disponibilità a perdonare dall’efficacia del perdono.

Cristiani sempre pronti a perdonare, anche ai nostri persecutori, a chi ci schiaffeggia su una guancia.

Eppure perché il perdono passi all’offensore, è necessario che questi sia predisposto a essere perdonato, altrimenti il nostro perdono (virtù di chi perdona) non raggiunge il perdonato.

L’esempio più chiaro ci viene proposto da Dio. Dio è colui, “che volentieri perdona”. Eppure se noi non ci pentiamo, anche nel sacramento della riconciliazione, non ci raggiunge e non ci purifica. Infatti non trova il posto in noi, dove infilarsi.

Comprendiamo perciò il Vangelo di S. Luca che dice: “Se il tuo fratello pecca, rimproveralo”. Bellissimo riconoscimento della psicologia umana! A un’offesa, corrisponde la reazione. Il testo non dice: “Se pecca, perdonalo”. Solo dopo arriva la seconda frase: “Se si pente chiedendo scusa, perdonalo”. Il perdono passa a lui, se lui è disponibile ad accoglierlo, con il suo ravvedersi.

In altra parte: “Annunciate la pace, se c’è una persona degna di pace, passa a questa la pace; altrimenti la vostra pace ritorna via con voi”. Degna, ossia disponibile.

Noi, cristiani, conteniamo il perdono di Dio. Noi, chiesa, siamo il luogo e la dinamica del perdono. Io perdono (nel sacramento della riconciliazione, o nel sacramentale del mio comportamento da figlio di Dio), e il mio perdono diventa efficace, se chi mi ha offeso si pente, e non insiste nel credersi forte dei suoi diritti e delle sue idee.

GCM 11.11.08