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Il nuovo. Quale?

Molte persone, anche preti frati e suore, sono profondamente baconiane. Seguaci del filosofo Francesco Bacone. Egli, concreto e pragmatico, nel suo metodo filosofico vede il progresso realizzato in due fasi: La prima “destruens” (distruttiva) e la seconda “construens” (costruttiva). Come quando si erige una nuova costruzione su un terreno occupato da una vecchia casa. Spianare per poi costruire. E’ un metodo.

L’inghippo nasce quando l’ingegno del distruggere non è pari a quello di costruire. Quasi tutte le novità si arrestano alla prima fase. Così il comunismo, che sta ancora attendendo il sole dell’avvenire, così il nazismo, il fascismo, e, a quanto possiamo vedere, la primavera araba. Di solito si conosce ciò che si lascia, ma non si conosce ciò che dovrebbe venire.

Qui si svela la doppia concezione del nuovo. Si incontra un nuovo distruttivo, in stile baconiano, senza altro progresso che l’aumento dei lager o dei gulag.
Ma c’è anche un nuovo costruttivo, che tiene presenti le conquiste del passato, per continuarle e arricchirle.

Di questo parere sembra fosse Gesù, che proclamò fuori dai denti: ”Sono venuto per completare, non per distruggere”. Almeno così mi sembra, se leggo in S. Matteo (5, 17ss): “non crediate che io sia venuto ad abrogare, ma per compiere la legge o i profeti”.

Per Gesù il passato rimane, e chi scioglie anche un minimo precetto, sarà minimo nel regno dei cieli.

E’ pur vero che il nuovo, adattandosi (ma non distruggendo) dona una configurazione inedita al vecchio: non toglie, abbellisce. Molte persone si arrogano la voglia di distruggere il passato, come facoltà e merito. Ma solo Dio decide: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”.

GCM 20.05.13