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Carità umiliante

La carità umiliante; ossia l’anticarità. La sollecitudine impaziente; ossia l’anticarità. La parola precipitosa; ossia l’anticarità.

Bambini e vecchi sono le vittime dell’’anticarità dei volonterosi.

Il bambino faticosamente sta imparando, per esempio, la tecnica difficilissima di legarsi il laccio delle scarpe. Tecnica che, ad apprenderla, richiede tempo. Ma sopravviene l’adulto, il quale per aiutare sostituisce il bambino. Questi si sente deprivato di un suo gioco, e ne esce umiliato. L’adulto si sente invece soddisfatto, perché è riuscito a sbrigare le cose.

L’anziano sta lentamente spazzando la casa. Sopravviene un adulto, gli strappa la granata dalle mani, in due e due quattro pulisce tutto. Egli crede di aver fatto un piacere a chi, invece, si sente deprivato del piacere di essere utile.

Un anziano sta preparando la presentazione di un concerto, dove sa mettere a frutto le sue conoscenze e il suo piacere. Capita però una persona caritatevole, che mette alla cuccia l’anziano, per sollevarlo da una fatica. L’anziano ne esce umiliato e frustrato.

L’aiuto non richiesto, eccetto quando si tratta di cose impossibili come il salire per una scala da parte di un tetraplegico, è sempre una forma di umiliazione.

Ricordo una persona che, pur di aiutare i malati, inventava malattie che in realtà non pativa.

La discrezione forse è il primo aiuto che si dona alle persone, prima di offrire altri aiuti. 

GCM 05.07.14