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Spiritualità del lavoro

Dio non ha bisogno del culto, ma dell’uomo. Così si esprimono molti profeti. L’uomo si esprime anche attraverso il lavoro; perciò parlare del lavoro è parlare dell’uomo, nel quale la spinta a operare precede il bisogno di guadagnare. Questo si constata nel bambino, che gioca disinteressatamente.

L’uomo si esprime anche nel lavoro, perfino nei lavori “alienanti”. Nel lavoro egli sperimenta un fattore del proprio valore personale.

Nel lavoro inoltre non si trova solo, perché con il lavoro si unisce direttamente o indirettamente con gli altri.

Il lavoro inserisce, oltre che nel sociale, anche nel cosmo in continua evoluzione e ne accompagna lo sviluppo, purché non ne provochi l’involuzione.

Inserito nel cosmo, il lavoro è parte necessaria della creazione, ed è un tramite per unirsi a quel Dio “che opera sempre”.

Ordunque, prendere coscienza della partecipazione all’opera di Dio, diventa più evidente in Gesù lavoratore, ed è un entrare nella spiritualità cosciente e nella preghiera “esplicita” insita naturalmente nel lavoro.

Ne consegue la necessità di ringraziare Dio per il “dono” del lavorare, anche perché il lavoro è irrorato di “sacramentalità”, per il fatto che produce il bene che significa, e, in quanto sacramento, arricchisce l’uomo di grazia.

Per il cristiano la spiritualità, compresa quella insita nel lavoro, non è un’astrazione, ma concreta continuazione dello spirito di Gesù. Lo Spirito di Gesù non è confinato nel sentimento, ma è Spirito Santo in noi.  Quello Spirito che è la forza unificante della Trinità, capace di far scorrere una nell’altra Persona Trinitaria. Lo Spirito penetra l’uomo in ogni sua manifestazione, e rende “trinitaria” ogni sua azione.

Perciò anche nel lavoro si realizza l’eternità nel tempo, anticipo dell’eternità nell’eterno.

GCM 15.02.07