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Preghiera. 2

Eppure... nella Chiesa abbiamo sempre avuto maestri di contemplazione. Da S. Paolo, che è trasportato al terzo cielo, a S.Francesco d’Assisi, S.Bonaventura, S.Teresa d’Avila, S.Giovanni della Croce, e fino ai nostri giorni un Garrigou-Lagrange, un Leone Veuthey.

La contemplazione non la si apprende dai libri, né da insegnanti di ascetica e di mistica. Essa è insita nell’uomo, perché è cointeressata con la fede. La contemplazione nativa nell’uomo, è turbata dal peccato di Adamo, entrato nella nostra educazione.

Adamo, prima della pretesa di essere come Dio, conversava con Dio, nell’immediatezza della semplicità. Poi...contemplò se stesso e si  scoperse nudo.

Gesù sa che la contemplazione è nativa nell’uomo, prima delle pretese di educazione, fatte di proibizioni contro ciò che la società giudica cattivo. Gesù è certo della radicale  capacità di contemplazione nei bambini: “i loro angeli vedono la faccia del Padre”. Egli afferma che è necessario ritornare bambini per “entrare nel regno dei cieli”. Entrare nel Regno dei cieli. Gesù è il Regno dei cieli, come in cielo così in terra. Entrare nel Regno dei cieli è entrare in Gesù, per essere con lui “una cosa sola” come Gesù è con il Padre, secondo le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni.

La contemplazione è un dono di natura e dello Spirito. Essa richiede una preparazione nostra, nello spogliarci delle nostre sovrastrutture: l’incapacità di perdonare (o il proposito di non perdonare), la pretesa di dominio (sul mondo e sugli altri, sulla natura e sulla scienza...), la pretesa di conoscere Dio o di rifiutarlo (si tratta sempre di un Dio, inventato dalla nostra fantasia), la pretesa di essere qualcuno (sarete come dei: l’autoreferenza). In altre parole fare il vuoto, che poi Dio riempirà, però non entrando da fuori di noi, ma zampillando dall’intimo di noi stessi, dove da sempre si trova, aspettando il momento di “essere liberato”.                                      

GCM 15.06.07