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Relativismo salvato

Quando Paolo di Tarso entrò all’Areopago per parlare di Gesù, trovò un ambiente zeppo di relativismo. Egli però non cercò di guarire il relativismo, ma vi seminò Gesù. Era così sicuro di ciò che annunciava, che la maggior parte degli areopagiti lo licenziarono con spiccata autosufficienza. La sua sicurezza, pur addolcita da una certa diplomazia, non penetrò che in alcuni, come Dionigi.

E’ una chiara indicazione per la predicazione e per la missione.

Tempo addietro si affermava, nelle scuole di teologia e nei seminari, che la filosofia (quella aristotelica!) era la base necessaria (ossia ancilla, serva) per un corretto sviluppo del discorso teologico. Oggi si tende a dire che il superamento del relativismo favorisce il pensiero religioso. Probabilmente non c’è alcun dubbio. Però sia il discorso teologico, che il pensiero religioso possono essere favoriti dal pensiero filosofico e puramente razionale, ma la fede possiede uno statuto particolare, che può liberarsi, e deve liberarsi, per essere genuina, dalle strettoie della filosofia. Infatti la fede non crede alla teologia, ma alla parola di Dio, che si rivela.

Perciò può accettare la fede un filosofo e un bracciante, Madre Teresa e Tommaso d’Aquino, il pensatore sicuro della propria teoria e il relativista. L’avvenire della fede non coincide con l’avvenire della religione.

Ogni realtà umana può essere salvata da Gesù, se essa non si oppone volutamente a lui. Salvata da Gesù, essa si specifica e si gerarchizza: prima Gesù e poi i nostri dubbi, applicati alle vicende umane, che non sono mai definitive, e che possono essere salvate da Gesù.

GCM 14.05.07