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Disobbedire  da  santi
     

Santo disobbediente o disobbediente santo? Probabilmente santo, dichiarato tale, proprio perché disobbediente. Richiamo alla memoria Giovanni Palatucci, il salvatore di oltre tremila ebrei, ricercati a morte dai tedeschi nazisti, durante la guerra.
    
     Disobbedire, perché gli ordini - anche quelli che sembrano i più ovvi, perché in armonia con la legge - sono sbagliati, sono disumani. Disobbedire per obbedire a un’istanza superiore e interiore.

     Gli uomini definirono Palatucci un giusto, la Chiesa sta per definirlo santo.
    
     “Giusto tra le nazioni”; “santo davanti a Dio”. Due prospettive, due interpretazioni. In mezzo sta lui, la sua realtà, il suo chiaro impegno a salvare la vita di altri, anche rischiando la propria.

     Disobbedire, allora, non per il proprio comodo, ma per aiutare gli altri. Il proprio comodo gli sarebbe derivato soltanto dall’obbedire. Quante obbedienze ossequienti, servili, confettate perfino di pietà, per mirare alla promozione in carriera (anche ecclesiastica), alla vittoria sul nemico odiato (da porre in cattiva luce presso i superiori), alla custodia della propria pelle!
 
     Di fronte a un’obbedienza per il proprio comodo, si pone una disobbedienza scomoda eppure fruttuosa di vita. Perciò la vera disobbedienza da santi, si misura con i benefici arrecati ad altri , soprattutto per la salvezza della vita degli altri: degli ebrei adulti, dei feti incipienti.
 
     L’obiezione di coscienza dei medici coscienziosi, che non accettano di procurare l’aborto, è una piccola disobbedienza, purtroppo (come merito) e per fortuna (come rimasuglio di civiltà) possibile nella nostra società “progredita”. Certo che questo progresso è un semplice ritorno di molti secoli, alla barbarie del Taigeto.

     GCM 14.09.07