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Parlare

Non vengo ad ascoltare le sue conversazioni, perché poi posso leggere i suoi appunti. E’ segno di infelicità.

La parola, nasce nell’idea, si concreta talvolta nello scritto, ma si completa nell’essere pronunciata ed ascoltata per essere condivisa. La parola scritta resta un aborto, se è solamente letta, diventa incentivo all’egoismo, alla chiusura.

Lo scritto non può diventare base della verità.

Gesù non scrisse nulla. Anche i Vangeli sono stilati sulla tradizione parlata degli Apostoli e delle comunità cristiane. Gesù è Parola, che convoglia in sé addirittura gli scritti della Legge e dei Profeti, ed eleva nella propria persona che parla anche la Scrittura.

A Cafarnao “legge” il Profeta, e poi afferma “Questo ora si realizza”, perché diventa la sua Persona, che parla ed agisce. In controtendenza è Maometto, che basa la sua riforma religiosa sullo scritto, e reputa rispettabili Cristianesimo ed Ebraismo, solo perché sono “religioni del libro”.

Gesù ha fatto diventare dialogo presente la verità, anche scritta: “Vi fu detto...ma io vi dico!”. Non “io scrivo”, bensì “io parlo”.

Nella Chiesa si prolunga la parola: “Andate e predicate!”. Non c’è gesto salvifico della Chiesa, senza parola annunciatrice.
Lo scritto è sussidio, aiuto che diventa parola per essere produttivo di grazia, produttivo di contatto nella carità.

Allora perché io scrivo? Perché non posso parlare a tutti, e per far seme di parola chi mi legge. Forse per due motivi: il primo di tipo psicosociale, perché le idee si trasmettono nel faccia a faccia; il secondo del tipo di fede: sul Verbo che abitò tra noi, si fonda il nostro credere, e nell’assemblea eucaristica, la parola produce la presenza di Gesù e la salvezza dei cuori.

GCM 21.01.10 - Pubblicato 14.05.10