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Gesù in mano

Dio nelle mani.

Molti sono convinti che solo il sacerdote cattolico ha Dio nelle mani. Altri sanno che ricevendo l’Eucarestia nelle mani, Dio si deposita nelle mani dell’uomo e della donna. Queste sono concezioni esatte, eppure parziali.

Un modo di tener Dio nelle mani, è aprire la Bibbia. Proprio tenere la Bibbia in mano.

Essere sicuri di aver Dio nelle mani, leggendo il Vangelo, è una semplice conseguenza di come si vede la “Parola di Dio”. Il Vangelo è un libro, solo un libro? Allora nelle mani teniamo un libro. Il Vangelo non è soltanto Parola di Dio, ma Dio che parla? Allora il Dio che parla è nelle nostre mani.

Provare la dolcezza della presenza di Gesù non si ferma a quel dialogo ristretto che si compie mentre viene offerta l’ostia nella comunione: “Questo è il corpo di Cristo”, “Sì, lo credo”. A questo dialogo non si dà importanza di solito.
Troppe persone pronunciano, maleducatamente, il loro “sì” (ossia “Amen”), prima ancora che chi dona l’ostia, la definisca come “Corpo di Cristo”.

Ma la dolcezza della presenza di Gesù, si realizza già prima: quando la Bibbia è letta dai profeti che la proclamano, e sta nelle mani di coloro che seguono la lettura con il messalino o con un foglietto.

Alla fine della lettura del Vangelo, la dolcezza della presenza di Dio nelle mani, spinge affettuosamente il profeta a baciare il testo letto.

Purtroppo, nonostante ne abbia parlato, nessuno bacia il testo, che ha in mano, contemporaneamente al bacio del sacerdote o del diacono. E’ tanto formale quel “Parola del Signore” e ancor più formale e anodino quel “Lode a te, o Cristo”, che nessuno s’accorge dell’entusiasmo di avere Gesù in mano, e di baciarlo mentre lo si ringrazia.           

GCM 19.04.10, pubblicato 02.11.10