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Convertirci alla gioia  3


    Conversione: se non è gioia, non vale, se non è gioiosa attività, è dimenticanza degli altri; se è dimenticanza degli altri non è gioia autentica; se non è gioia autentica, non viene da Dio.

    È il continuo passaggio dalle tenebre alla luce.

    Dalla tenebra della vendetta, alla gioia del perdonare.

    Dalla tenebra dei piaceri, alla gioia della felicità.

    Dalla cecità, alla visione del Padre.

    Dalla tenebra dell’egoismo, alla gioia del donarci.

    Dalla tenebra del bigottismo, alla gioia della preghiera.

    Dalla tenebra del possedere, alla gioia della solidarietà.

    La gioia del perdono, che viene solo da Dio, che ci ha creati per la gioia (fino alla gioia completa del Paradiso), deve produrre la dilatazione del dono.

    Del resto, almeno talvolta, abbiamo sperimentato in noi la concretezza delle parole di Gesù: “È più gioia nel dare che nel ricevere”, come ci attesta S. Paolo. Il marchio di autenticità del cristianesimo non è la sofferenza, ma la gioia. E la stessa sofferenza, che fa parte del vivere dell’umano limitato, si risolve sempre nella gioia. La gioia della guarigione, del sollievo psichico, della pace tra le persone, soprattutto tra quelle che si vogliono bene.

    Il cristiano si basa su quella magnifica notizia di felicità, che è Gesù in persona, ossia il Vangelo personificato. È necessario vedere Gesù, cercarlo nel Vangelo, nella Chiesa, nei poveri, in ogni persona, anche in quella che vuol essere nostra nemica. “Voi mi rivedrete e gioirà il vostro cuore!”. È sempre Risurrezione.

    02.04.15