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Convertirci alla gioia  1


    Ho letto spesso nella letteratura religiosa e nei romanzi che la conversione debba trasformarsi in una continua punizione nel lacerarsi per il male precedentemente compiuto.

    È un modo di concepire la conversione come un’azione commerciale, un controbilanciamento spesso cruento, come si legge nella biografia di non pochi santi.

    Poi mi accosto alla Scrittura con il cuore libero da preconcetti di tipo ascetico, ed ecco: il mio cuore si sente libero.

    Si dice che il Padre ci dona tempo per la nostra conversione. L’età avanzata è questo tempo. Si può, anziani, convertirci con flagelli? Il tempo della conversione, in questo frangente, si risolverebbe nell’impossibilità di convertirci… a quel modo.

    Poi nel salmo 50, il salmo del Davide convertito, risalta una frase: “Restituiscimi la gioia della tua salvezza”. Si ricorda un ritorno alla gioia, dopo il perdono.

    Gesù assicura che in cielo si fa gioia per un peccatore pentito. Addirittura più gioia per un peccatore, che per novantanove giusti (e i giusti in Paradiso sono gli angeli e i santi).

    Quando il “figlio prodigo” ritorna, il Padre invita: “Facciamo festa!”.

    All’inizio della carriera pubblica di Gesù in quanto profeta, egli proclama il suo slogan: “Cambiate modo di pensare, ossia accogliete la gioiosa nuova mentalità [Vangelo]”.

    Forse un bell’esempio della conversione ci viene dalla pagina del Vangelo di Luca, dove si parla di Zaccheo. Tra poco ne scriviamo.

    02.04.15