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Gioia del dono

Troppo spesso immagino che il pregare dei cristiani assomigli a un’azione di rapinatori, che stiano scassinando il forziere di un avaro.

Certe preghiere non si armonizzano con la fiducia, presente in quel: “Chiedete e otterrete!”.

S. Paolo dice che Dio ama (è in intima armonia con) colui che dona con gioia. Quindi Dio dona con gioia. Se la nostra preghiera è un tentativo di costringere Dio a sciogliere il portavalori ben serrato, indica di non aver scoperto che Dio è Amore, non costrizione.

Dio dona con gioia sempre. Il Padre ha donato con gioia il Figlio. Figuriamoci se non dona con gioia tutto quanto si addice al Figlio, per mezzo del quale tutto fu fatto.

Dal catechismo abbiamo appreso che la Trinità è un oceano di pace e di beatitudine. Dio non si priva (non può privarsi) della beatitudine, quando dona.

Troppo spesso la nostra preghiera è la pretesa di tirare Dio per la giacca. Una preghiera senza fiducia, ma attraversata dal dubbio, presuppone un Dio, avaro, arcigno, taccagno e geloso di mantenere ciò che possiede.

La preghiera a un Dio-Amore, è preghiera fiduciosa nel Padre che conosce ciò di cui abbiamo bisogno prima che glielo chiediamo. Quindi un fidarci del Padre, che sa come e quando (e se…) esaudire la preghiera, affinché l’esaudirla torni solo a nostro vantaggio.

Dio, quindi, ama non solo chi dona con gioia, ma ama se stesso (non egoisticamente, perché è Trinità) quando può donare ai suoi figli. E quanto ha già donato a noi… con gioia!

30.01.14