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Perché amare i nemici

Nel Vangelo di Matteo, udiamo Gesù che ci dice di amare i nemici. E tutti noi ci fermiamo a sottolineare le difficoltà, se non addirittura l’assurdità del linguaggio. I più volonterosi si sforzano di trattare bene i nemici, di non vendicarsi contro di essi, di beneficarli, persino di perdonare. Ma lo sforzo della buona volontà è svigorente.

Però, se bene osserviamo, la prospettiva di Gesù è più interessante: amare i nemici per essere figli del Padre, che è nei cieli.

Questa prospettiva è eccitante, perché non si incentra nello sguardo sul nemico, ma nella contemplazione del Padre. Amare i nemici sì, ma per riuscire graditi al Padre, fino ad imitare i suoi sentimenti e a viverli in noi. Interessati al Padre, riusciamo perfino ad amare i nemici.

Ricordo che nei salmi di Israele, quelli che Gesù recitava, spesso occhieggia l’orgoglio di appartenere a Dio, con l’orgoglio che nasce dalla certezza di essere il popolo scelto da Dio, da quel Dio che, solo tra gli dei, è onnipotente, creatore del cielo e della terra.

Gesù approfondisce tale orgoglio, ribattendo il concetto e la realtà di essere figli di un Dio così sublime, vicino al suo popolo, come nessun altro dio è vicino al popolo. Il rapporto Israele-Dio, è un profondo rapporto di unità inaudita.

Orbene, essere figli di un Dio e di un Padre così grande è una ventura e un onore inestimabile e… l’amare i nemici ci assicura questo onore!

Quando poi, con fresco sguardo cristiano, siamo davvero felici di essere figli di un “tanto“ Padre, allora l’amare i nemici diventa un’esigenza d’amore verso il Padre, che si scioglie nell’amore verso i fratelli e i nemici. Guardando in alto, camminiamo meglio in terra.

22.02.14