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Umiliazione e pianto

Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. E’ la beffa dei nemici e dei soldati, nei confronti di Gesù morente.

Anche adesso, a noi che conosciamo Gesù, il ricordo di quella beffa suscita dolore e tristezza. Il sentimento di sofferenza si ridesta anche a distanza di millenni da quel  fatto. La differenza tra loro e noi, non è soltanto che loro erano soldataglia e nemici del condannato, ma si colloca nel fatto che loro non lo conoscevano, mentre noi, almeno superficialmente, lo conosciamo.

Se ancor oggi quella scena ci colpisce, è perché siamo sensibili davanti al dolore e alle umiliazioni, ma anche perché Gesù ci è caro. Il sentirlo caro a noi, è sempre influsso dello Spirito Santo.

Sentimenti di gioia e di sofferenza sono provati dallo stesso cuore, se dotato di sensibilità, e derivano da stimoli positivi e negativi che incontriamo.

Può anche il sentimento di sofferenza essere accompagnato o istillato dallo Spirito Santo?

Gesù, leggiamo nel Vangelo, un giorno, scendendo dalla barca ebbe compassione, vedendo tutta quella gente disorientata, perché erano come pecore senza pastore.

E quando si accostò alla tomba dell’amico Lazzaro, si lasciò travolgere dal pianto. Il Figlio di Dio, che piange di dolore. Quel Figlio che pianse, prevedendo la distruzione di Gerusalemme. Gerusalemme doveva essere città eterna, se avesse seguito la sua vocazione. Un pianto sulla missione fallita.

Sentimenti di gioia e di dolore, nascono da stimoli, che si incontrano con l’amore.  

GCM 08.09.13