I nuovi selvaggiIn questi giorni i nostri politici e i nostri economisti ritornano spesso sul liberalismo economico selvaggio. A parole c’è anche l’idea di togliere quell’aggettivo “selvaggio” per arrivare a un liberalismo umano, corredato da regole. Così si vuole porre fine ai giochi perversi della borsa e dell’ economia, che hanno fruttato la presente crisi economica. Però forse ci si dimentica che il libero mercato, se non è autentico, si distrugge da sé. Il liberalismo economico è intrinsecamente selvaggio, perché prende le mosse da quel “homo homini lupus”: l’uomo è un lupo per un altro uomo. Il liberalismo economico, se non è selvaggio, è condannato a scomparire. Se scompare, è sostituito o dall’economia di stato, o da una economia solidaristica. Tra i due estremi, liberalismo e socialismo, in economia esiste un solidarismo, la nuova costruzione economica, che con regole produttive volte non alla capitalizzazione, ma al bene di tutti, si apre alla società padrona dei mezzi di produzione e di distribuzione dei frutti della produzione. Lo stato deve vigilare sull’andamento della distribuzione, per non permettere che una piccolissima parte di persone, detenga la maggior parte dei beni. La solidarietà non è un’elemosina truccata. Essa è un ragionato e critico sviluppo di tutti i beni umani, per provvedere a che tutti siano produttori dei beni e tutti utenti degli stessi beni. Però l’uomo, anche nell’economia, tende a diventare un selvaggio, anche se con guanti di camoscio e con la tuba dello zio Sam. GCM 27.11.08
|