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Fede e ragione

Ricordo le grandi questioni che all’inizio del secolo scorso si accendevano sull’argomento “fede e ragione”. Talvolta si univano i due temi, altra volta si opponevano, soprattutto dalla parte di un certo positivismo illuministico, erede dei secoli precedenti.

Fede e ragione erano trattate come due entità reali. Non come una realtà concreta di persone, capaci di credere e di ragionare. Era un modo di astrattizzare, caro a una certa metafisica. La fede e la ragione erano diventati due idoli, quasi personalizzati, pur senza incorrere nella banalità della rivoluzione francese, quando la ragione fu personificata in una prostituta collocata in Notre Dame, al posto della Madonna.

Fede e ragione, in se stesse, come due realtà concrete, non esistono. Esiste l’uomo, ogni singolo uomo, nel quale le due capacità si compenetrano. Quando la persona crede, ragiona non tanto “sulla” fede, ma crede ragionando, pensando riflettendo, decidendo: tutte queste sono azioni ragionate e ragionevoli.

D’altro versante lo scienziato, per quanto sia “convinto” del proprio positivismo, è convinto perché “crede” nel proprio assunto. La scienza è sicura, se la persona ne è convinta. E ogni convinzione include il credere, l’affermare come assoluta l’idea o la posizione d’atteggiamento assunte.

La persona tranquilla, matura e mentalmente sana, passeggia camminando continuamente tra l’aiola del credere e quella del ragionare, non ponendosi neppure il problema se, mentre vive, si trova nel recinto del ragionare o in quello del credere.

Ogni idea umana è contemporaneamente corredata di fede e di ragione. Di queste capacità Dio si serve, quando si rivela.

GCM 15.07.09