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I guanti di camoscio della menzogna

La menzogna è presente nelle sillabe del nostro conversare. Le signore che cercano abiti costosi e appariscenti, affermano di esserne costrette per senso estetico, ma coprono la vanità o la seduzione con il nobile vocabolo “estetica”.

La passione genitale incontenibile, fino a diventare stupro o pedofilia, è coperta dal termine “amore”. Anche con le prostitute si “fa all’amore”.

La voglia di dominare gli altri, per sottometterli ai nostri voleri, è orpellata da “zelo per l’ordine”.

Il disordine e l’indisciplina degli adolescenti nelle scuole o nelle piazze, è nobilitato con il giusto diritto della libertà di espressione.

L’avarizia degli amministratori dei conventi è coperta da economia al servizio della povertà (salvo poi sprecare denaro per il fumo o per acquistare nuove automobili non necessarie, ma... acquistate finché c’è la rottamazione).

L’insofferenza per i meriti e per le qualità dei più dotati, è contrabbandata come amore per l’uguaglianza sociale.

Parliamo e mentiamo anche a noi stessi. Che altro mai sono le scuse sui nostri errori, se non stimarci bravi proprio a causa dei nostri difetti, che reputiamo virtù ornate? Perché scambiamo la testardaggine con la costanza? La fede con le devozioni? L’onestà morale con il pagamento delle tasse?

Certo non ci accorgiamo di quanto siamo menzogneri, anche perché abbiamo imparato le belle maniere, i riti sociali e religiosi, l’affabilità del tono di voce e la correttezza del tratto.

Siamo bravi. E se dentro questo perbenismo si infiltrasse la menzogna?

GCM 14.03.09