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Scarti e riprese

Qualche persona (prete, frate, suora o civile) quando entra in una struttura costituita e operante (come, per es., un convento) scopre molti oggetti e molte situazioni non operanti nel momento, nel quale si è introdotta quella persona. Ebbene la domanda ovvia, che ogni persona intelligente si fa è: “A che cosa servono queste cose?”.

Le persone poco intelligenti invece fanno un’altra domanda: “Mi serve o non mi serve questo oggetto? Se non mi serve lo getto o lo distruggo!”. Poi arriva il momento nel quale quell’oggetto deve esser messo in atto, e non lo si trova più. E purtroppo di persone poco intelligenti non c’è carenza.

E allora nuove spese per riacquistare ciò che già c’era.

Evidentemente qui opera l’io, centro dell’universo. Un io, che nemmeno si preoccupa di rivolgere al gruppo una semplice domanda: “Questo oggetto o questa tradizione quale funzione svolgono?”. Invece prevale quel “A me non serve… quindi va distrutto, perché se non serve a me, non serve a tutto il mondo!”.

Quante cose e tradizioni preziose muoiono, per la superiorità del mio io, su tutto e su tutti!

Nella mia non molto breve vita, ho visto una porta aprirsi ed essere murata, per poi esser riaperta; ho visto preziosi scaffali essere acquistati, e poi alienati, e poi essere riacquistati; mobili distrutti ed essere riacquistati; paramenti scartati ed essere ricuperati; tradizioni demonizzate ed essere riattivate, ecc..
Che sia questa la vita conventuale?

03.02.14