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Chiese conventuali 1

Le chiese conventuali, nel tessuto della realtà acclesiale, vantano caratteristiche proprie.

Storicamente, quando Francesco d’Assisi si trovò con i primi compagni e seguaci, esistevano due categorie di chiese: la chiesa parrocchiale e il duomo, e la chiesa monastica. Inoltre si recensivano luoghi di pellegrinazioni con cappelle proprie.

I conventi francescani primitivi non avevano una chiesa propria. Per i francescani vigeva la nota itineranza in patria e all’estero, in missione tra i Saraceni, o tra gli eretici.

Ben presto, a distanza di pochi anni dall’inizio, presso i raduni stabili dei frati (conventi) si eressero delle cappelle per la preghiera e per la messa.

Le caratteristiche di queste chiese non seguivano né le chiese monastiche, né quelle parrocchiali. Erano chiese sia per il raduno dei frati, sia per accogliere quei popolani che si sentivano attratti dal vivere dei francescani. Chiese quindi a servizio del popolo.

La chiesa conventuale, non monastica nè parrocchiale, è un continuo richiamo alla spiritualità. La presenza di sacerdoti per le confessioni sacramentali, e l’ufficiatura semplice della messa e delle ore liturgiche, rappresentavano un servizio continua alla gente, in modo particolare a coloro che si sentivano portati a vivere la spiritualità delle comunità presente in quella chiesa.

Ovviamente, a Vicenza un esempio caro e da mantenere è rappresentato dal Tempio di S. Lorenzo, oasi di spiritualità francescana.

22.08.14