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Valorizzare l’esistente 

Paolo aveva deciso di annunciare Gesù risorto in una sinagoga, dove erano radunati gli Ebrei, e qualche loro simpatizzante, per pregare.

Paolo aveva chiaro il disegno di parlare di Gesù. Eppure sembra che la prenda alla larga. Infatti comincia con il narrare, a brevi linee, la storia del popolo ebraico.

Tale procedimento era una specie di documento di identità, pre-sentato al raduno, quasi a dire: vedete che io sono autenticamente dei vostri.

Però la dinamica del discorso è ben più profonda. Egli voleva mostrare agli Ebrei che Gesù era in linea con loro. Anzi, che lui dava si-gnificato e compimento alla loro storia. Gesù era l’esito logico e naturale dell’avventura ebraica.

Quasi un naturale sviluppo di tutta la storia ebraica.

Questo modo di procedere paolino può essere considerato quasi normativo.

Paolo tenta di applicarlo anche ai Greci, quando all’Areopago, parte dalla “pietà” dei pagani, per mostrare che quel loro “dio ignoto” è proprio quello di cui sta per parlare Paolo stesso.
Per lungo tempo il cristianesimo ha preso le mosse dalla situa-zione esistente, anche incorporando dalle popolazioni pagane molti e-lementi, che il cristiano vedeva o confacenti (vedi stoicismo) o non con-trari all’annuncio di Gesù.

Quando poi le conversioni furono imposte, alla prima occasione, le regioni si ribellarono. Mi pare esemplare la storia dei popoli sassoni. Carlo Magno pose i Sassoni davanti a un dilemma: o conversione al cri-stianesimo o morte. Però, con Lutero, la prima regione che si staccò dal cattolicesimo romano fu proprio la Sassonia.

Papa Francesco: attrarre, nemmeno convincere!

15.05.14