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L'arte del perdono 

Padre, perdona loro. Gesù non dice “io vi perdono”, ma affida il perdono al Padre. Forse era gravoso anche per lui il perdonare? Oppure voleva agganciare il suo perdono a quello del Padre? Lui che aveva detto di perdonare settanta volte sette a chi chiedeva di essere perdonato. Lui che aveva pur detto addirittura di pregare per i nemici.

Quelli che lo torturavano non gli stavano chiedendo perdono, anzi si divertivano nel dileggiarlo. Il perdono a chi non lo implorava, spettava forse esclusivamente al Padre. Quasi che si rivelasse impossibile all'uomo Gesù?

Al ladro implorante dona perdono e gloria. All'altro ladro il perdono non giungeva? Forse anche il perdono include una naturale drammaticità, che viene generata dall'uomo limitato?
Pietro non chiede scusa, né Gesù l'ha voluta. Gesù non richiede scusa, ma amore. “Pietro, mi ami?”.

Ecco, il perdono ricevuto si confonde con l'amore. Non riparazione, neppure pianto – che pure era stato versato, e amaramente! - ma amore. Sull'amore, di Dio e dell'uomo, si gioca il perdono.

Noi non sappiamo perdonare, perché non sappiamo amare. Un cuore arido non conosce la dolcezza né dell'essere perdonato, né del perdonare. Anche il perdonare sincero commuove, perché scorge il dolore di colui, che davvero chiede perdono: amore e dolore sono gli ingredienti del perdono, gli ingredienti della misericordia. Dio è Amore infinito, perciò è perdono infinito; un perdono che piange di commozione se sente il piacere di poter perdonare.

06.12.16