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Passato e presente

S. Paolo, in una lettera, inviata ai cristiani di Corinto, scrive una frase, che colpisce e consola.

Parlando in propria difesa, per sfatare dei predicatori non autorizzati e non corretti nella dottrina, dice che lui non deve essere condannato da nessuno quando esercita il suo compito, che è fondamentalmente quello di annunciare Gesù.

Tra le frasi, espresse a propria difesa dice di trovarsi sereno, perché non ha coscienza di aver peccato. Evidentemente egli accennava al suo lavoro di apostolo. Però dire di sé, che non trovava di che rimproverarsi, era anche un dimenticare il suo grave peccato di persecutore.

Eppure egli si sentiva a posto. Per lui il ricordo del passato funesto era meno importante della grazia presente.

È consolante per noi, che ogni mattina, all’inizio della Messa, ci accusiamo di essere peccatori, o, meglio di aver peccato. Il peccato, perpetrato durante il nostro passato, qualunque esso possa essere, resta sfocato, se accettiamo di vivere la volontà di Dio nel presente.

Ciò vale non solo per gli ossessivi gravati di scrupoli, ma per ognuno che al ricordo delle sciocchezze passate si morde le dita. Il presente, solo il presente conta per chi si affida e accetta il congiungimento di essere con Dio. Dio è solo presente, sebbene per intuire la sua eternità commisurata con il tempo, di lui si afferma che era, è, e sarà nei secoli dei secoli.

Dio è. E la nostra coscienza deve intonarsi ora con il Padre che è ora e che ora sta amandoci.

05.09.14