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Miseria e bontà

Molto tempo fa leggevo un volumino, che insegnava a fare buon uso delle nostre miserie. Il nostro orgoglio ci spinge a “migliorare sempre”, presentandoci mete più o meno luminose, per occupare un posto “rispettato” nella società. Poi, ogni giorno accade che le nostre belle qualità si mostrano incrinate, e non intendono aggiustarsi. Emergono intanto i nostri limiti e i nostri difetti. Però curiamo di lasciarli in ombra, se non addirittura a negarli.

Talvolta mi trovo come quel contadino che non sapeva che farsi dello stallatico, schifoso e prezioso.

Nel bilancio personale ci troviamo con poche doti e con numerosi difetti. Il problema è: sono tutte cose mie, e che cosa fare per ricavarne un giovamento? Quale “buon uso” posso fare delle mie miserie, per guardarle e non negarle?

Ecco allora il Vangelo. Dio si compiace dei piccoli, aiuta i miseri, usa misericordia con i peccatori. Diventa situazione gradita a Gesù, il poter essere sempre medico dei malati. Che cosa farebbe il medico senza malati? Come Gesù potrebbe esercitare il suo “mestiere” di misericordioso, se non trovasse i miseri, con il loro bel bagaglio di miserie?

Per avere la bontà di Gesù, la sua commozione di Salvatore, è necessario che gli poniamo in mano i nostri limiti, la nostra piccolezza.

Scherzando sulla bontà di Dio per i miseri e i peccatori, qualcuno ha detto: “Allora pecchiamo di più e avremo più misericordia”. A me è sufficiente la miseria che mi trovo, e non andar in cerca di altre rogne.

23.05.17