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Servi utili

Anche quest’oggi mi son trovato a rileggere la traduzione barbina del Vangelo. Sinceramente quel “servi inutili” non mi va giù.

Se siamo davvero servi inutili, agire o restare in ozio è lo stesso. Se siamo inutili, perché ci fanno agire? Se dopo aver agito, il nostro operare non è servito, perché comandarci di operare? Forse per far sollazzare qualcuno? E questo qualcuno forse sarebbe Dio, nostro Padre?

Se invece la parola “inutile” del Vangelo, in realtà significa un’altra cosa, allora l’operare ha senso. E il senso è quello del meritato riposo dopo la fatica.

La parabola, dentro la quale è inserita la parola “inutile”, parla diversamente. Essa si riferisce al mansionario dello schiavo, che da lui richiede sia il lavoro fuori casa (i campi), sia il lavoro in casa (preparare e servire la cena). Il servo non può esimersi dal completare tutto il proprio lavoro. E soltanto dopo tutto il lavoro, può distendersi e riposarsi, dicendo contento: “Ora non occorre che lavori più (cioè: sono senza operare, come vuole il testo originale), perché ciò che ero obbligato a compiere l’ho compiuto”. Quell’”inutile” non è un deprezzamento falsamente umile di sé, ma una soddisfazione per tutto il lavoro compiuto.

Non un sentirsi screditato perché inutile, ma viversi soddisfatto, e con il diritto di riposare, dopo aver terminato il suo turno.

Alla fine, non è falsa umiltà (sono un nulla, anche se ho fatto tutto), ma un cuore allegro, con la coscienza d’essere a posto.

GCM 17.11.14