I due versanti Nella narrazione del capovolgimento della vita dell’apostolo Paolo, quello che è detto la conversione di Paolo, ci si imbatte su due verbi: fare e patire.
Nel drammatico incontro tra Gesù e Paolo, Gesù lo manda a Damasco e lì conoscerà ciò che deve fare. Quando il Signore incarica Anania ad andare da Paolo per fargli riattivare la vista, egli dice ad Anania: “Gli mostrò quanto deve patire per il mio nome”. L’opera in nome di Dio, comporta anche il patimento.
L’esempio fontale sono l’opera e la passione di Gesù.
Perché proprio coloro che operano in nome di Dio, sono sottoposti al patimento?
Forse l’unica risposta possibile è quella, che ci indica semplicemente Gesù come esempio e fonte. Comunque, sia la storia di Israele, sia quella della Chiesa, mostrano la persecuzione e la morte dei profeti.
Il battezzato è pregno di profezia. Il battesimo nel nome della Trinità comporta la presenza potente di Dio. Questa forza è Dio stesso, ossia è quel battesimo con Spirito santo e fuoco, è l’unzione del santo, cioè la penetrazione di Dio nella persona umana. Or bene, proprio tale unzione è fortezza nella lotta. Gli atleti, al tempo di S. Paolo, si ungevano per affrontare la lotta.
L’unzione del Santo, è sì penetrazione di Dio, ma è anche forza per non subire la sconfitta, quando si deve soffrire come i profeti. Nella verità, Gesù a Paolo e ad Anania apre le due facce del credere e dell’operare, i due versanti insiti e nell’essere uomini e nell’essere uomini cristiani. Paolo, dopo la caduta, ricupera la vista e il testo nota “ricuperi la vista e sia riempito di Spirito Santo”.
14.01.14
|