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Costruire la pace 2


    Gesù non è per la guerra né per l’uso delle armi. La sua posizione, nell’insegnamento e nell’azione si colloca agli antipodi della guerra.

    “Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio”: così ci traducevano la beatitudine di Gesù, dipendendo pedissequamente dalla traduzione latina.

    Poi scoprirono il testo critico originale del Vangelo, consci che ogni traduzione è un po’ un tradimento.

    Quel “pacifici” si scoprì che erano “eirenepoioi” ossia: “di pace operatori”. Una pace attivata, conquistata. Come si fa la guerra, così si fa la pace. La pace non casca come la pioggia sulla testa della gente, nemmeno quando gli angeli cantano “Pace in terra, agli uomini prediletti”.

    Le beatitudini ricordano una situazione umana, che sfocia sempre in un esito positivo. In due casi l’esito positivo di ogni beatitudine comporta esplicitamente il nome di Dio. I puri vedranno Dio; i pacificatori saranno chiamati figli di Dio. I puri vedono, i pacificatori sono costituiti (secondo il senso semitico del vocabolo) figli di Dio.

    Il puro vede, il pacificatore diventa, è trasformato in figlio di Dio.

    Il “nome” indica l’essenza di una persona. Il nome di Dio, è semplicemente Dio stesso. Chi procura la pace, chi porta la pace compie un’azione che collima con l’agire di Dio.

    Gesù aveva chiaro questa azione di pace: “Quando entrate in una casa, prima dite: “Pace a questa casa!””. In questo testo la pace è reale, quasi si tocca. Tanto che, se qualcuno non accetta la pace portata dagli emissari di Gesù, “la pace viene via con voi”.

    Perciò: facitori di pace.

    12.08.15