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I diritti

Una persona un po’ avanti con gli anni, al cambio di stagione tra l’autunno e l’inverno, si vestiva un po’ pesante: sentiva già freddo. Amici (?) e parenti a criticarlo: poco alla moda lui era… purtroppo. Non seguiva la moda di aver caldo, quando sentiva freddo. Egli protestò: “Perché non rispettate il mio diritto di patire il freddo, quando lo voglio?”

Il diritto a sentire ciò che sentiamo, spesso è conculcato. Mi vien da piangere, e gli altri mi canzonano, perché piango. Mi vien da ridere, e odo dire che non è tempo di ridere.

Con il diritto di patire il freddo, di coricarmi o di alzarmi quando mi va, e con molti altri diritti, si dà un altro diritto alquanto importante: il diritto di morire, quando arriva la mia ora. Contro questo diritto si oppone l’accanimento terapeutico. Talvolta non si lasciano le persone a… morire in pace, come natura sembra esigere.

Certamente riuscire a scoprire nelle esigenze naturali il diritto sottostante non è sempre agevole. Per gli esseri intelligenti (come dicono di essere gli uomini e le donne) ogni esigenza può e deve essere interpretata come un diritto. Forse non tutti riescono a leggere questo lato prettamente umano delle pulsioni, degli istinti. Proprio questa capacità esige la razionalità della gestione degli impulsi. Proprio perché si trascura l’elevazione delle pulsioni in diritti, molti vivono le passioni in modo sottoumano, animalesco.

L’elevazione delle pulsioni in razionalità è uno dei modi di esercitare la dignità umana.

04.10.14