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Consolazione condivisa


    Voglio comunicare a voi la consolazione, con la quale io stesso sono stato consolato: dice Paolo ai Corinzi.

    Contemplata aliis tradere: è lo slogan fecondo, che, dopo il '500, troviamo in tutti i corsi degli Esercizi Spirituali. Già il termine “esercizi” (affine etimologicamente a “esercito”) indica un'azione voluta, dopo una contemplazione autoimposta. Qui si tratta di idee, per quanto sublimi, da trasmettere. Lì, in Paolo, di esperienza dolce (consolazione) da partecipare.

    Questi, mi pare, sono due modi di comunicare (sempre azione di carità) il dono ricevuto, affinché non resti in noi fermo, e, quindi, si decomponga.

    Eppure una differenza è lampante: trasmissione di idee, trasmissione di esperienza sentita e vissuta. Le due cose non si contrappongono, semplicemente si privilegia una delle due, che, in termini percettivi, fa da figura, mentre l'altra resta sullo sfondo. Si nota un emergere di interesse.

    Per la predicazione la scelta non è da poco.

    Il “contemplata aliis tradere” (trasmettere agli altri quanto si è contemplato) bada soprattutto alla fedeltà all'idea. La consolazione intende il gioire assieme, il gustare assieme la dolcezza e la bellezza di un'esperienza. La stessa preparazione alla predicazione differisce. Trasmettere quanto ha colpito l'intelligenza; trasmettere quanto ha colpito “il cuore”. Non sono situazioni tra di loro contrastanti, ma un sentire dove soprattutto ha colpito la “verità”, ossia Gesù-verità.

    La predica può essere “detta”: ed è un grande dono, che non può né deve scadere nel “mestiere”. La predica può essere sentita, non solo come convinzione, ma principalmente come “gioiosa” convinzione, non trattenibile.

    19.07.15