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Scusa e accusa


    Si diceva: scusa non richiesta, accusa manifesta. Il che era una traduzione del vecchio “Excusatio non petita, accusatio manifesta”. Si può anche dire: ogni scusa è un’accusa.

    Ciò non è sempre valido, sebbene visto sotto due aspetti: scusarci perché abbiamo riconosciuto il nostro errore (chiedere scusa); scusarci per nascondere il nostro errore e giustificarlo o almeno tentare di giustificarlo.

    Spesso la scusa per nascondere il nostro errore. che si nasconde dietro la nostra accusa agli altri: l’amico, il coniuge, il prete, il capo di governo, il Papa.

    Insomma, comunque la scusa si risolve o proviene da un’accusa. Il caso più comune è la “separazione per colpa”. Evidentemente per nascondere la propria incapacità nel risolvere gli inevitabili problemi di coppia, si fugge dalla coppia, e per fuggire si incolpa l’altro, accusandolo magari con pretesti risibili o quasi. Tale accusa dell’altro cerca goffamente di nascondere la propria debolezza, facendo emergere la debolezza dell’altro, che sempre, o quasi sempre, è semplicemente speculare alla debolezza dell’accusatore.

    Scusare se stessi, scusare gli altri è sempre a ridosso di un’accusa, e, all’occhio esperto, appaiono la specie e, forse, l’entità del danno. Perciò dietro la scusa c’è sempre la coscienza di una colpa o di un errore.

    Gesù, quando, padrone mirabile di sé, cercò di scusare i suoi aguzzini, fu tanto buono di accusarli “solamente” di ignoranza: non sanno ciò che fanno. Non scusò nascondendo, ma andò a una profonda ragione del delitto. Più che la cattiveria, vide l’ignoranza, madre della cattiveria.

    28.05.14