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La mia messa


    Io amo il tempio, nel quale il Padre mi ha concesso il dono di attuare l’Eucarestia.

    Non credo di aumentare il decoro della chiesa con nuovi vasi, con cerimonie. In compenso so che il decoro di una chiesa non si attua e si alimenta con l’acquisto di nuovi vasi o di nuove vesti, ma con l’aumento dei cuori. Non più ornamenti (sebbene anche questi possano servire), ma con l’aumento dei cuori: più credenti e più fede e più amore nei credenti stessi.

    Anche il dono di fiori può essere segno di pietà. Però Dio vuole cuori e non cerimonie. Questo era il costante richiamo di tutti i profeti. Richiamo che i “custodi del tempio” erano costanti nel dimenticare.

    Un fedele in più in una Eucarestia, è mille volte più importante, che non l’acquisto di una pianeta in sopra rizzo o intessuta d’oro. Dio rifiuta le nostre feste, se sono prive di amore: lui vuole misericordia e non sacrifici.

    Allora il nostro atteggiamento nell’Eucarestia si solidifica rettamente, se la partecipazione nostra e di coloro che invitiamo a godere la grazia di Dio con noi, diventa più ampia e più profonda. Più ampia, se tutto di noi partecipa: lo sguardo, il canto, l’atteggiamento del fisico, la pronuncia più attenta a quanto noi esprimiamo… insomma tutto del nostro corpo e della nostra mente.

    Molti si prestano solamente al rito della messa, ma non sono convinti che la messa è un “fatto loro”, come la famiglia, il cibo, gli amici. Odo sempre dire la mia famiglia, i miei figli, i miei amici, il mio hobby. Quasi mai odo dire: la “mia messa”, perché alla messa ci si presta meramente.

     20.09.15