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Eucarestia e cuore

Giovedì Santo, il giorno del raccoglimento discreto. Gesù, quando produsse il pane per sfamare cinquemila persone, lo fece in aperta campagna: egli stava donando il pane.

Quando iniziò l’Eucarestia, si raccolse in una stanza da pranzo (cenacolo) con i suoi, nella familiarità. Egli, là dentro, nel raccoglimento inventò l’Eucarestia, un ricordo di sé (“fatelo per ricordarvi di me”) che rimanesse per sempre.

Davanti a molti il dono del pane e del pranzo. Davanti agli intimi, il dono di se stesso, quel dono che solamente gli intimi sarebbero stati in grado di apprezzare.

I suoi seguaci lo capirono. Essi infatti per la preghiera si recavano al tempio, ma per la cena del ricordo si radunavano in casa. L’Eucarestia è intimità. Non per nulla piace ricordarla - perché così è - come il cuore della Chiesa. E’ la fonte intima della confidenza e del perdono, dell’incontro e della riconoscenza. Eucarestia, appunto.

La processione esaltante l’Eucarestia, è un’invenzione tardiva, raccomandata soprattutto nel periodo, in cui circolavano dubbi e dottrine contro l’effettiva presenza di Gesù nell’Eucarestia. Il Corpus Domini (un’estrapolazione dell’Eucarestia dal Giovedì Santo al periodo dopo Pentecoste) si esprime con grande esteriorità, addirittura con una processione per le vie della città o del paese. Questa è l’altra faccia della Chiesa: la Chiesa che, con l’Eucarestia, si presenta in pubblico. Però questo tipo di manifestazione è alquanto lontano dall’intimità del Cenacolo.

A quell’intimità in qualche modo sembra richiamarsi l’ora di adorazione, quando è silenziosa, intima.

GCM 16.04.14