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Comunità o utenza?

Spesso mi chiedo se il nostro raduno nella messa è recepito dai presenti (e dai frati) come raduno di comunità o una semplice utenza (gratis, tranne qualche centesimo di elemosina).

La differenza non è da poco. Essa incide e si manifesta sulla costanza della partecipazione, sul modo di inserirsi, sulla sensibilità della presenza. Insomma, ci dice se quella partecipazione la sentiamo nostra, ossia “costruzione” compiuta da noi, oppure su un’offerta fatta dal prete, dalla parrocchia, dal convento.

Insomma: la messa è nostra, o di loro? È il nostro Gesù, il nostro Padre, il nostro Spirito che si uniscono a noi e che ci immergono in loro (sé), oppure è il loro Dio? È famiglia armoniosa benedetta, o è il negozio dove si compera l’Eucarestia?

Scherzando, ho udito una persona che definiva il Tempio di San Lorenzo, un supermercato. Evidentemente si riferiva al “Pane del cielo, che ha ogni sapore” come recita una vecchia formula eucaristica.

Sentire la messa mia, il raduno mio, l’incontro con gli altri incontro non di conoscenti ma di familiari, familiari di Dio e cittadini dei santi, è un rituffarmi nel caldo di casa, della mia casa, mia perché è la casa di Dio, del mio Dio. In questa casa riposare, festeggiare, e rifocillarci così soavemente, che poi “andiamo in pace”.

Allora si riveste di senso il saluto iniziale della Messa, il quale non è rivolto a semplici ospiti, ma ai familiari e ha il sapore del buongiorno casalingo. Un saluto, condito della gioia del ritrovarci assieme, per godere della reciproca esplicitazione della presenza e dell’amore del Padre.

13.09.14