HOME

Home > ITINERARIO e PSICOLOGIA > Articoli 2011 > Il criterio per la serenità

Il criterio per la serenità

Quando noi ci sentiamo a disagio in presenza dei comportamenti delle altre persone, ciò significa che non approviamo, anzi condanniamo, quei comportamenti.

Se critichiamo uno che ruba, implicitamente, per noi, il criterio di non rubare, come comportamento retto, conduce  e stimola la nostra critica.

Se critichiamo una persona che non tiene presente che esistono anche gli altri, i quali vanno rispettati, la nostra critica si sorregge sul principio che gli altri devono esser rispettati.

Se condanniamo un pedofilo, dentro di noi è chiaro il principio che la pedofilia è un male.

Insomma, noi critichiamo le azioni degli altri, che sono o che appaiono scorrette, e che noi, nel nostro comportarci non le compiremo, avendo presente, più o meno esplicito e chiaro, un criterio di giudizio e di condanna.

Ordunque, se noi mettiamo a fuoco non solo le azioni degli altri per criticarli e trarre conclusioni pessimistiche, ma anche e soprattutto i criteri ai quali ci ispiriamo per formulare le nostre critiche, possiamo scoprire noi stessi, e, quella parte chiara e positiva che sta in noi e che fa parte della nostra personalità e del conseguente nostro malessere verso gli altri. è la parte bella e positiva, che – a forza di guardare gli altri - abbiamo trascurato, e posto in ombra. Perché? È lungo a spiegare.

Presa in mano questa radice profonda di noi, e i valori che essa desidera (ciò che critichiamo svela il nostro desiderio di come la realtà dovrebbe essere), allora possiamo raccogliere questa parte di noi e valorizzarla non per criticare gli altri, ma per utilizzare meglio noi stessi,e compiere noi il bene, che altri non compiono. E sgorga la serenità e il nuovo uso della nostra vita.

GCM 17.05.11, pubblicato 10.06.11