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Quei momenti

Avvengono, durante la vita, dei momenti, nei quali ci prende un’esperienza spirituale, che lascia una traccia profonda. Quando ci ricordiamo di quei momenti, sentiamo che dalla dolcezza di essi non possiamo più recedere. Una specie di esperienza di trasfigurazione resta incancellabile nella memoria delle nostre cellule.

Il nostro egoismo desidera rinnovare quei momenti, o almeno eternarli. Come avvenne per i tre apostoli, che furono immersi nell’esperienza della trasfigurazione di Gesù. Volevano erigere tre tende per arrestare la bellezza del momento. Anche il poeta tedesco esclama: ”Attimo fuggente, sei bello; arrestati”.

Poi ci si accorge che quei momenti attizzano l’attesa di un loro ritorno, e perciò si stemperano nella speranza. Quindi ci si accorge che la speranza ha per oggetto non il rinnovarsi di quel momento, ma l’aprirsi verso l’infinito. Perché  la speranza che non si slancia verso Dio, corre il frequente pericolo di disperdersi in rivoli caduchi e futili.

Quei momenti sono piccoli anticipi, che segnano la nostra sensibilità, affinché resti aumentato in noi il desiderio dell’eterno.

Quei momenti non è necessario siano corredati da visioni oggettive. Basta che tocchino noi. Possono anche essere soggettivi, perfino illusori; possono sorgere da qualunque regione della persona o del gruppo sociale; però se hanno davvero segnato il cammino di una persona, restano validi per tutta la vita.

Oggi la medicina rivalorizza l’effetto placebo, come stimolo alla salute, poiché la mente guida l’uomo. Nessun fenomeno che avviene nell’uomo, è fuori della sua stessa umanità.

GCM 26.03.11, pubblicato 23.05.11