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Dialogo

Ogni incontro sarebbe bello se si trasformasse in dialogo.

Dialogo con chi mi saluta, o mi chiede il nome di una via. Dialogo con l’amico o con il primo che incontro o che desidera parlarmi. Soprattutto, ma non esclusivamente, dialogo con Dio. Dire e ascoltare comprendendolo.

La qualità del dialogo ci aiuta a sentirci vivi in una relazione, non prestati ad ascoltare e forzati a rispondere. Anche quando la nostra risposta deve diventare un diniego, si può ancora dialogare.

Il dialogo, anche nella preghiera, ci esporta da noi, vince la solitudine, rende caldo il nostro esistere.

Sappiamo che la nostra vita nasce da un momento dialogico, beato o tragico, dei nostri genitori. E, salendo un po’, nasce dal dialogo trinitario, perché il Padre dialoga con il Figlio, nel quale noi ci troviamo inseriti. L’assenza del dialogo procura solitudine. La solitudine, anche quando non ci troviamo in presenza di un partner qualsiasi, può essere evitata se abbiamo appreso a dialogare con noi stessi.

Nel silenzio possiamo sempre entrare in dialogo con uno scritto. Il leggere, che non sia soltanto confinato nell’apprendere delle nozioni, è sempre un’occasione di dialogo con l’autore dello scritto.

La gioia del leggere (gioia riservata alle persone vive e libere dai rumori della pubblicità o della radio) non nasce dalla passiva cuiriosità che apprende, ma da quell’incentivo che è il desiderio di conoscere “ciò che lui ha scritto”.

Questa gioia si sublima quando si dialoga, durante la lettura del Vangelo. Allora si diventa tutti protesi, per sentire come Gesù ci parla.

GCM 28.01.11, pubblicato 11.03.11