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Fuori tempo

Il peccato di Adamo è interpretato in molte guise. Peccato di sesso. Peccato di superbia, di disobbedienza, di ingenuità... Io credo che forse Adamo non ha rispettato i tempi.

Il suo desiderio di “essere come Dio” non è un desiderio maligno. Esso è nell’intimo dell’uomo. Per appagare tale desiderio il Figlio del Padre si incarna e fa diventare  Dio i suoi fratelli di carne.

Inoltre è desiderio infinito di Dio, e suo progetto eterno quello di essere tra gli uomini, e assumere “forma” umana per sentirsi pari agli uomini.

Si incontrano i due desideri: Dio che desidera stare come uomo tra uomini, e l’uomo che desidera assumere la forma di Dio. Dio inventa l’Incarnazione per attuare il proprio desiderio. L’uomo, anziché aspettare l’iniziativa di Dio, crede di essere “come Dio” senza avere in sé lo Spirito di Dio, al tempo di Dio: “nella pienezza dei tempi”.

Forse il peccato di Adamo fu l’impazienza, la fregola di scoprire l’universalità (il bene e il male, secondo il linguaggio semitico). Forse Adamo non ha errato sull’oggetto (essere come Dio), ma sul tempo (attendere Gesù).

A conferma dell’anticipo errato di Adamo, sono le future parole di Dio ad Eva, che oppone il peccato che insidia, e la donna che salva.

Egli non sopprime l’uomo, interpretandolo come suo oppositore. Infatti l’oppositore dell’Essere, sarebbe stato il nulla. Dio pone l’uomo in attesa. L’attesa del Salvatore.

Tutti coloro che pretendono di opporsi a Dio, sono confinati nell’attesa, in un perenne purgatorio.

Attendere la salvezza è la costituzione dell’uomo. Attendere la parusia. Attendere lo scoppiare del seme di Dio, lo Spirito seminato in  noi. Attendere: il perenne “già e non ancora”

GCM 21.10.08