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Preghiera di Dio

Luca annota nel suo Vangelo che Gesù passò la notte in preghiera, prima di eleggere gli Apostoli (6, 12).
Il testo italiano presenta la circostanza con un “pregando Dio”. Il testo latino invece nota: “in oratione Dei”, che tradotto alla lettera è “orazione di Dio”: questa dicitura la troviamo pari pari nel testo greco.
C’è solo differenza di parole o di significato tra “pregare Dio” e la “preghiera di Dio”?
Forse nella nostra esperienza abbiamo notato la differenza tra il pregare Dio (Dio, complemento oggetto: altrove il soggetto orante) e l'orazione di Dio (preghiera fatta in Dio).
Gesù, sempre Figlio di Dio, anche da uomo, necessariamente pregava in Dio, nel quale viveva e dal quale non poteva staccarsi. La sua era preghiera di Dio.
Noi partecipiamo di Gesù. La nostra preghiera quindi è “a” Dio, oppure “in” Dio?
Non è quisquilia, è indicazione di una posizione esistenziale. Non parole, ma vissuto, almeno in chi l’ha sperimentato.
Essere in Dio, vivere la vita di Dio.
Pregare in Dio, rende tangibile la frase del Vangelo: pregare nel “nome” (persona) di Gesù, è preghiera producente davvero.
La certezza di essere “esauditi” dipende sempre dal Padre, e dal dono del Padre nell’averci fatti suoi figli. La Lettera agli Ebrei (e non solo quella) assicura che Gesù fu esaudito, data la sua condizione divina e umana, e noi che siamo membra del suo corpo, quale preghiera viviamo?
24.05.20