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Città figlia

Nella Bibbia la città era “figlia di Sion”, ossia figlia dei suoi abitanti. Non un complesso di edifici, un agglomerato di case, nel quale trovavano posto persone e famiglie. La città era figlia dei cittadini, creata dalla loro presenza, dal loro affetto.

Figlia, perciò amata da chi la crea. Della città sono responsabili i cittadini, che l’hanno creata e la mantengono viva.

L’amore dei cittadini per la loro città, non è solo osservare leggi e norme, non è approfittarne come rifugio, o luogo da sfruttare, o estetica da conservare; è soprattutto un rapporto di affetto.

Amare la propria città forse è un’idea romantica da trascurare. Perfino chi l’amministra si considera un padrone della città, da cambiare come più gli aggrada. Anche i responsabili dell’ordine necessario della città, sembra che considerino la città come la palestra dei propri esercizi politici.

Il rapporto errato tra amministratori di una città, si moltiplica quando dalla città si passa alla regione e allo stato. I politici amano la propria nazione e la propria gente?

La risposta più ovvia è davanti a tutti. Si dice: “Mi hanno eletto pe comandare!”. Non ho mai udito un politico affermare: “Mi hanno eletto per amare!”.

Il paese è un campo per sfogare la mia libidine di potere: questa è la realtà sempre vissuta, mai confessata. Se fosse confessata, diventerebbe il primo passo verso l’amore per il proprio paese.

Taluni confondono l’amore con il nazionalismo, o, peggio, con il regionalismo. Eppure Gesù ha inserita la possibilità salvifica dell’amore, per indicare l’anima del rapporto tra le persone.

GCM 26.06.10, pubblicato 06.10.10