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La brevità

Oggi udiamo, fino alla nausea, parlare e blaterare sul processo breve.

Processo breve: mi attizza in mente le osservazioni sulla messa breve o lunga, o sul numero delle messe.

L’esaltazione della lunghezza o della cortezza. Resta alquanto in sordina il processo giusto, come rimane taciuta la messa ben vissuta e proclamata.

Il fermarsi sulla superficie della brevità, e non sulla giustizia, per raggiungere la quale ogni percorso può essere breve o lungo, significa che non si intende scoprire il cuore della giustizia, o dell’ingiustizia.

Si indica una messa breve (addirittura si chiama un visitatore da Roma per costringere il prete ad affrettarsi! è capitato) per non stancare i presenti, che hanno fretta. La fretta è più importante della presenza eucaristica di Gesù e del sacramento che genera l’unità tra i cristiani.

Non sarebbe meglio che chi ha fretta, si desse una calmata per entrare nel cuore della messa? Oppure: se non gli interessa la messa, ma solo un dovere da eseguire, non potrebbe restare a casa propria, perché la messa non gli fa né freddo né caldo?

Se desideri il processo breve, anzi nessun processo, non sarebbe meglio non commettere nefandezze? Se le commetti, perché non tendere alla giustizia? e non all’impunità, che è una patente ingiustizia verso di te, che non trovi riparazione, verso gli altri, che non vedono ricompensata la loro giustizia, verso la società che mantiene aperte le sue ferite.

Chi non ama la giustizia, non ama la società, anche se sbandiera il suo amore verso gli altri.
Brevità o realtà di fede e di giustizia?

GCM 01.02.10