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L’Assoluto e gli assoluti

Esiste la tendenza ad assolutizzare i prodotti del nostro orticello. L’altra sera seguendo una grafologa, l’ho udita criticare altre correnti grafologiche e deprezzare la psicologia, come attività inconcludente. Io mi divertivo ad ascoltarla, per due motivi: il primo è che quando iniziavo lo studio della grafologia non ero tenero verso la psicologia; il secondo è che, quando una persona le fece cenno che in sala c’era uno psicologo, virò subito il timone.

Non mi meravigliai perché la tendenza a vendere soltanto i frutti del proprio orto è naturale, soprattutto dopo tutto il sudore versato nel coltivare il proprio orto. Ricordo, per esempio, le reazioni del clero (e di non pochi vescovi) davanti ai cambiamenti indicati dal Concilio Vaticano secondo: dopo una fatica di anni per apprendere una teologia, davanti alla nuova teologia ci fu resistenza e talvolta ribellione. Ciò che ci è costato apprendere è difficile superarlo.

L’orticello è molto variegato, e, soprattutto, è assolutizzato.

Il filosofo stenta a comprendere gli stimoli dello psicologo e del teologo. Lo scienziato reputa talmente assoluta la propria disciplina che rifiuta la letteratura o la fede. La massaia critica la cantante, e il dissoluto si oppone alla sobrietà o alla castità.

Così avviene anche in regioni più delicate. Il protestante si oppone al cattolico, e viceversa.
L’ateo stima arretrato il credente. Il gesuita sorride sul cappuccino.

Più siamo tenaci nel difendere il nostro orticello,  più siamo deboli. La radice della testardaggine è il bisogno di sicurezza che deriva dall’assolutizzare.

Ma l’unico assoluto è Dio: di lui solo ci fidiamo completamente.

GCM 12.02.10