ImmigratiIl destino degli immigrati, che cercano di migliorare la propria vita, è quello di non essere capiti e di non capire. L’integrazione, nella prima generazione, è un fatto molto raro, il reciproco rispetto potrebbe essere realizzato. La sicurezza dell’immigrato sta alle sue spalle: i suoi usi, i suoi affetti, le sue abitudini, il complesso non ben definito eppure influente sull’esistenza. La sicurezza dell’ospitante sta, anche questa, alle sue spalle: le abitudini, gli affetti, la omogeneizzazione nell’ambiente di appartenenza, creano un complesso di abitudini rassicuranti, che si vorrebbe mantenere e si vorrebbe imporre all’immigrato. Si incontrano, si scontrano o si completano due culture e due civiltà. L’adattarsi al nuovo è difficile sia per chi viene, sia per chi già si trova. Perfino le piccole immigrazioni sono difficili a esser elaborate. Anche il matrimonio è una immigrazione da una famiglia e da una cultura rassicurante a un’altra cultura e a un’altra famiglia. Quante volte lei o lui dicono: “A casa mia si faceva così, mio padre faceva cosà, mia madre mi aveva insegnato” e via dicendo! Anche l’immigrazione interna italiana è piena di piacevolezze come terroni e polentoni. Gli immigrati mantengono a lungo i loro usi e, preferibilmente, si associano ad altri immigrati. Certamente l’immigrato estero moltiplica per mille le difficoltà dell’immigrato interno. E’ necessario attendere la seconda o la terza generazione per giungere ad una certa omogeneizzazione delle diverse culture e lingue. Alcuni paesi rifiutano l’immigrazione: soprattutto i paesi arabi. Se ci accorgessimo di essere tutti figli dello stesso Padre, l’immigrazione acquisterebbe la grazia del grande immigrato, che dal cielo emigrò sulla terra! GCM 02.03.10 - pubblicato 05.06.10
|